Rapporti fra sonno e linguaggio nei disturbi autistici

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 05 ottobre 2019.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Nei disturbi dello spettro dell’autismo (ASD, da autism spectrum disorder) le difficoltà nell’apprendimento del linguaggio sono studiate da tempo, ed è noto che la loro origine non è il semplice prodotto della ridotta capacità di interazione e del deficit di quelle forme del rapporto interpersonale che motivano e facilitano la comunicazione, ma è legata a tratti appartenenti a un “fenotipo cerebrale”, come accertato dagli studi neurobiologici. La presenza di alterazioni del sonno in bambini e adulti diagnosticati di un disturbo pervasivo dello sviluppo dello spettro dell’autismo è frequente, ma solo pochi studi hanno indagato la possibile connessione fra disturbi del sonno e dell’apprendimento del linguaggio, per questo ci sembra di particolare interesse un lavoro di Fletcher e colleghi dell’Università di York e dell’UCL di Londra che ha esplorato questo rapporto.

I ricercatori hanno realizzato esperimenti di apprendimento di parole su un campione costituito complessivamente da 54 bambini, fra quelli affetti da ASD e quelli sani fungenti da controllo, ed hanno studiato mediante polisomnografia l’effetto del sonno sul consolidamento delle memorie neoformate. I risultati hanno consentito di avanzare una fondata ipotesi sull’influenza delle alterazioni del sonno sul deficit di apprendimento verbale nei disturbi autistici.

(Fletcher F. E., et al. Atypicalities in sleep and semantic consolidation in autism. Developmental Science – Epub ahead of print doi: 10.1111/desc.12906, Sep 30, 2019).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Psychology, University of York, York (Regno Unito); Division of Psychology and Language Sciences, UCL, London (Regno Unito).

I disturbi dello spettro dell’autismo (ASD) sono clinicamente definiti sulla base di manifestazioni sintomatologiche riportabili a tre aree indipendenti di alterazione: 1) difetto di interazione sociale e comunicativa; 2) interessi ristretti e preoccupazioni idiosincrasiche; 3) comportamenti ripetitivi e stereotipie di moto[1].

“Come si è osservato molte altre volte in passato, l’attuale concetto clinico di autismo deve considerarsi corrispondente ad una condizione eterogenea in termini comportamentali, neurobiologici e genetici, con una tendenza in questo campo verso una concezione più dimensionale e meno categoriale. La genetica appare complessa, perché gli studi evidenziano la presenza di una determinazione quasi certa, ma non espressa secondo criteri mendeliani e dovuta ad una molteplicità di fattori genetici che concorrono a determinare il fenotipo. Si ritiene che i singoli alleli siano responsabili ciascuno per una piccola quota, concorrendo nel loro insieme a configurare un’origine eterogenea e poligenica. Sebbene i ruoli di epistasi (interazioni gene-gene) ed emergenesi (interazioni emergenti fra componenti) non siano chiari, la loro partecipazione è stata dimostrata e dedotta in molti lavori”[2].

Numerosi studi hanno rilevato e analizzato disturbi del ciclo sonno-veglia nell’autismo e tali alterazioni sono state poste in relazione con anomalie nella produzione di melatonina. L’importanza della secrezione notturna della melatonina è fuori discussione: durante la notte i livelli dell’ormone della pineale che regola la fisiologia del sonno sono più alti di quelli diurni di almeno tre volte[3]; i sei studi classici sulla melatonina nei disturbi autistici riportano tutti anomalie nella produzione notturna, con livelli molto più bassi di quelli fisiologici. L’interesse per la melatonina nell’autismo deriva dal ruolo critico di questo ormone nello sviluppo precoce attraverso la sua azione diretta su placenta, neuroblasti e glia, e per il suo intervento fondamentale nei processi ontogenetici che stabiliscono i ritmi diurni dell’organismo[4].

Un intenso lavoro di ricerca ha dimostrato negli anni passati che il sonno supporta il consolidamento neocorticale della memoria dichiarativa, inclusi gli elementi di rappresentazione verbale che appartengono all’acquisizione del linguaggio. Si può ipotizzare che le anomalie nella fisiologia del sonno, più volte descritte nei bambini affetti da ASD, attraverso un difetto di consolidamento possano avere un ruolo anche solo parzialmente causale nel deficit di sviluppo delle abilità comunicative. Su tale ipotesi di lavoro, Fletcher e colleghi hanno strutturato la loro sperimentazione adottando un campione di 54 bambini sani e diagnosticati di disturbo pervasivo dello sviluppo con manifestazioni cliniche di tipo autistico. I controlli sono stati scelti con le stesse caratteristiche degli affetti; in particolare, erano della stessa età, con identiche abilità non verbali e stesso vocabolario. A tutti sono stati insegnati 9 nomi rari di animali (ad es.: pipa, un anfibio[5]) e la memoria è stata valutata mediante compiti di definizione, denominazione e decisione semantica temporizzata, immediatamente dopo l’apprendimento (fase pre-sonno), il giorno successivo (fase post-sonno) e all’incirca un mese dopo (follow-up). Tra i test pre-sonno e post-sonno i bambini sono stati monitorati per una notte mediante polisomnografia.

I bambini con ASD e quelli fungenti da gruppo di controllo hanno presentato livelli comparabili di prestazione al test precedente il sonno e simili livelli di cambiamento nel corso della notte, per tutti i compiti sperimentali proposti. Ma alla verifica di follow-up dopo un mese, i bambini affetti da ASD hanno presentato un livello di dimenticanza significativamente maggiore per gli elementi specificamente caratterizzanti gli animali dai nomi poco noti (ad es.: pipa è una rana piatta).

Ma veniamo ai dati EEG di maggior rilievo. I bambini con disturbi autistici avevano una frequenza sigma centrale nel sonno NREM (non rapid-eye-movement) significativamente più bassa. Le associazioni fra le proprietà dei fusi e i cambiamenti nel corso della notte nelle decisioni semantiche da prendere rapidamente differivano tra i gruppi.

Nel gruppo di controllo, la durata dei fusi era predittiva di cambiamenti nel corso della notte per le risposte ad animali nuovi, ma non per animali già familiari ai bambini; un risultato che supporta il ruolo del sonno nella stabilizzazione della nuova conoscenza semantica. Nel gruppo di ASD le dimensioni della frequenza sigma e la durata dei fusi era associata con miglioramenti nelle risposte a nuovi animali, ma soprattutto ad animali già familiari, probabilmente riflettendo una più generale associazione del sonno al miglioramento di prestazioni cognitive.

Dall’insieme dei dati emersi da questa sperimentazione, per il cui dettaglio si rinvia al testo integrale dell’articolo originale, Fletcher e colleghi deducono che atipie microstrutturali del sonno nei bambini affetti da ASD, insieme con differenze nell’attribuzione delle priorità nell’elaborazione dell’informazione per il consolidamento, possono portare ad un accumulo di piccoli difetti nei processi necessari a stabilizzare le memorie, compromettendo la qualità delle rappresentazioni semantiche nuove nella memoria a lungo termine.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-05 ottobre 2019

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 07-11-15 Neuroscienza e terapia di autismo e disturbi correlati. Anche se i criteri clinici variano, in dipendenza del fatto che si accetti il DSM o si segua la nosografia tradizionale, l’approccio sperimentale include in questo ambito il disturbo autistico, le forme atipiche di autismo, il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato, il disturbo disintegrativo dell’infanzia, la sindrome di Asperger, la sindrome di Rett e le forme autistiche della sindrome dell’X-fragile.

[2] Note e Notizie 26-01-19 Scoperta su CHD8 associata a disturbi autistici. Si consiglia la lettura di questo articolo anche per un’introduzione aggiornata alla genetica dei disturbi dello spettro dell’autismo.

[3] Sembra che la melatonina prodotta durante il giorno non provenga dalla pineale, e la quota maggiore sia rilasciata da cellule della parete intestinale.

[4] Brady, Siegel, Albers, Price, Basic Neurochemistry, p. 1016, Elsevier Academic Press, Waltham 2012.

[5] Pipa pipa (Linnaeus 1758) o rospo del Suriname è un anfibio anuro caratterizzato da un corpo piatto e una lunghezza variabile da 5 a 20 cm. La pipa americana fu impiegata per esperimenti di clonazione ante litteram, con fecondazione delle cellule intestinali, negli anni Sessanta.